Proseguendo con la nostra copertura della lotta in Grecia tra il nuovo governo repressivo Nuova Democrazia e il movimento anarchico di vecchia data, vi presentiamo questo report che si avvale dei resoconti di testimoni oculari delle mobilitazioni di strada e della difesa di numerosi squat. Il governo greco continua a farla da padrone con costanti attacchi ai danni di rifugiati, anarchici e movimenti studenteschi, incoraggiando la brutalità gratuita della polizia sia contro gli esseri umani sia contro i loro animali cercando al contempo di salvaguardare assassini di estrema destra, compresi anche membri del partito neonazista Alba Dorata accusati dell’omicidio di Pavlos Fyssas, e l’ufficiale che, undici anni fa questo mese, uccise il quindicenne anarchico Alexis Grigoropoulos.
In un’epoca in cui la violenza di Stato e la resistenza popolare stanno crescendo a livello mondiale, ci auguriamo di ispirare azioni di solidarietà internazionale con il movimento greco e di stimolare i lettori all’azione e all’analisi anche in altri contesti. La lotta continua.
Un poliziotto ricoperto di vernice durante lo sgombero delle case occupate a Koukaki.
Un aggiornamento sulla lotta in corso
Ciò che mi ha spinto a scrivere questo tempestivo aggiornamento è stato determinato dal fatto che questo mese tre influenti spazi occupati del quartiere ateniese Koukaki sono stati sgomberati. Il mio scopo è far sì che la lotta in Grecia sia tenuta in vita a livello di dialogo internazionale – non solo a parole ma anche con azioni dirette atte a dimostrare solidarietà globale – e per ricordare al Governo greco che il fondamento e lo spirito della nostra battaglia vanno al di là dei suoi confini e per tenere gli animi forti e caldi in un periodo così efferato e freddo.
Molte cose sono accadute dopo l’ultimo aggiornamento; farò del mio meglio per citarle tutte. Vorrei però iniziare dallo sgombero di Koukaki.
Lo sgombero degli spazi occupati di Koukaki
All’alba del 18 dicembre, decine di poliziotti provenienti da vari corpi hanno attaccato i tre spazi occupati nel quartiere Koukaki, utilizzando armi come granate assordanti e proiettili di gomma. Questi tre spazi molto noti e amati - Matrouzou 45, Panetoliou 21 e Arvalis 3 - contribuivano a preservare una presenza anarchica in una delle zone più costose e in più rapida gentrificazione di Atene. Laddove alcuni proprietari d’immobili della zona vedevano in questi spazi una minaccia, molti abitanti li apprezzavano perché riuscivano a portare avanti progetti di distribuzione gratuita di cibo e abiti e a resistere all’ingerenza di Airbnb e di altri simili sforzi capitalistici.
Situato vicino all’Acropoli, e con una prevalenza di popolazione della classe medio-alta, Koukaki è stato uno dei rioni più colpiti da Airbnb. Gli squat sgomberati rappresentano opportunità immediate nel campo della speculazione edilizia e questo potrebbe essere uno dei motivi per cui tali sgomberi sono stati ritenuti una priorità nazionale.
La polizia ha assaltato le due case occupate più piccole (Panetoliou 21 e Arvalis 3) dopo un breve ma coraggioso sforzo difensivo culminato con l’arresto di quattro persone a Panetoliou e di due ad Arvalis. Accusati di danni alla proprietà, insubordinazione, resistenza all’arresto e aggressione a pubblico ufficiale, sono stati poi rilasciati in attesa di processo; la polizia sta inoltre cercando di sfruttare le stesse leggi applicate al possesso di armi da fuoco per perseguirli dopo aver rinvenuto nelle proprietà semplici coltelli da cucina, pietre e una balestra.
Uno degli arrestati è stato colpito a distanza ravvicinata da un proiettile di gomma e durante la permanenza in carcere è stato sottoposto a delle visite in due ospedali. Nonostante ciò, i prigionieri continuano a resistere. Dalle celle del centro di detenzione preprocessuale ateniese, sono riusciti a far uscire il seguente comunicato:
Oggi, 18 dicembre, lo Stato e il suo esercito, hanno attaccato la nostra comunità, sgomberando tre delle nostre case. La feccia dell’EKAM, della Delta e della MAT ha contribuito allo sgombero delle nostre case. Siamo stati accecati da un lampo di luce, e un nostro compagno è stato colpito da un proiettile di gomma sparato a distanza ravvicinata. Allo stesso tempo, dopo essersi rifiutati di far entrare gli sbirri perché non c’era nessun P.M., i residenti del M45 sono stati picchiati e torturati; nel momento in cui scriviamo, non sappiamo dove sono e come stanno. Tutto ciò fa parte di una campagna più ampia atta a colpire tutti quelli che resistono al potere e lottano per la libertà. Questa è un’epoca in cui lo Stato sta allungando i suoi tentacoli repressivi contro le case occupate per soddisfare i bisogni dei turisti, per sostituire residenze stabili con Airbnb e per proseguire una violenta campagna di gentrificazione. Noi non riconosciamo le idee di proprietà protette dallo Stato. Abbiamo utilizzato questi edifici abbandonati per ospitare una comunità traboccante di desiderio rivoluzionario, bellezza e rifiuto del capitalismo.
Solidarietà agli squat! Ci diffonderemo in tutta la nazione! Potere a chiunque resista allo stato di violenza!
La repressione non ci spaventa, ci persuade a continuare la nostra lotta per un mondo solidale, equo e auto-organizzato.
[Un paio d’informazioni: lo squadrone Delta della polizia è preposto ai pestaggi dei dimostranti; la MAT è la squadra antisommossa; l’EKAM è la SWAT greca e il dipartimento di polizia più “organizzato”].
Lì vicino, in Matrouzou 45, si è svolta un’imponente rivolta che ha visto la gente resistere allo Stato per un’ora. Gli agenti sono stati ricoperti di vernice e sono stati bersagliati da una grandinata di detriti mentre venivano accecati dai fumi degli estintori. Tra le misure prese dagli abitanti dello squat per difendersi dall’irruzione dei poliziotti, si annoverano anche porte e finestre rinforzate oltre ad altri classici meccanismi di sicurezza. Tutte queste forme di autodifesa sono state viste come attentati alla vita degli agenti che stavano attaccando la casa; qualunque persona con un po’ di buon senso avrebbe però riconosciuto che queste misure precauzionali erano state prese per la propria sicurezza.
Sorprendentemente, e nonostante le forze e le risorse dispiegate contro di loro dal Governo, tutti gli occupanti di Matrouzou sono riusciti a scappare. Umiliati dalla situazione, gli invasori hanno punito i vicini.
Le conseguenze dello sgombero della casa occupata a Koukaki.
Sperando di catturare gli squatter fuggiti, i poliziotti hanno bussato alla porta di un vicino, aspettandosi di essere i benvenuti. La padrona di casa ha chiesto loro di presentare un mandato ma nemmeno il tempo di fare questa richiesta che la donna ha sentito altri agenti irrompere illegalmente dal balcone e dal tetto. Quando lei e il marito hanno chiesto il mandato una seconda volta, i poliziotti hanno picchiato l’uomo e i due figli e li hanno lasciati legati, al freddo, sul tetto dopo averli ammanettati e incappucciati. Non solo non era stato presentato alcun mandato; fu anche dichiarato di aver agito sotto la supervisione dell’agente incaricato dei raid. Padre e figli sono stati arrestati insieme agli squatter delle altre due case occupate.
La polizia ha giustificato le brutalità inflitte a questa famiglia sostenendo che i suoi membri stavano aiutando gli squatter a fuggire. Tuttavia, durante le perquisizioni della casa, non sono state rinvenute prove a loro carico. Arrampicandosi sugli specchi, i rappresentanti dello Stato hanno affermato che confronteranno il DNA rinvenuto all’interno della casa occupata con quello dei membri della famiglia per provare l’esistenza di un legame. Una dichiarazione anonima rilasciata da Matrouzou dopo il raid afferma di non aver ricevuto da loro alcuna forma di aiuto. Anche se il padre, un famoso regista che ha ricevuto parecchia attenzione da parte dei media, ha dichiarato il suo disprezzo per l’apparato poliziesco, la sua lontananza dal movimento anarchico è palese.
Pur non avendo legami ufficiali con lo squat, la famiglia ha testimoniato contro la brutalità applicata durante gli sgomberi precedenti – infatti, lo spazio fu evacuato anche nel 2018, sotto Syriza, solo per essere rioccupato poco tempo dopo. Alla luce di ciò di cui era già stata testimone, non sorprende che questa famiglia non si sia sentita a proprio agio nel permettere ai poliziotti di entrare nell’abitazione senza la presenza di un mandato.
Prove di torture e brutalità inflitte loro sono disponibili sui media mainstrem. La polizia continua a rilasciare dichiarazioni contrastanti, sostenendo addirittura che i membri della famiglia abbiano impugnato una pistola – una bugia meschina lentamente scomparsa dalla loro narrazione. Nonostante ciò, padre e figli sono accusati di resistenza all’arresto e d’intralcio a un’operazione di polizia.
Quest’attacco ha colpito la stampa mainstream più degli sgomberi stessi, in modo molto significativo alla luce della storia greca e dell’attuale polarizzazione della nazione. Come tutti i poliziotti del mondo, quelli greci pensano di essere degli eroi, nonostante la percezione che la maggior parte delle persone ha di loro. Privi di maturità o di consapevolezza di sé, tendono ad attaccare quando respinti. Pertanto, quando una famiglia che non si avvicina agli standard dei loro bersagli sostiene che gli agenti non sono benvenuti a meno che non abbiano un mandato, diventano aggressivi. Questo episodio ha generato un dialogo che ricorda i giorni della Giunta greca.
La polizia è arrivata al punto di dichiarare che i balconi e il tetto della famiglia sono spazi pubblici e che per questo motivo non è stato necessario presentare alcun mandato per entrare. Immaginatevi cosa accadrebbe se la gente cercasse di entrare nelle piscine panoramiche dei ricchi abitanti di Kolonaki! Buona parte dei media di destra sta cercando di accusare la donna di aver sfidato la polizia e di essersi infischiata della legge. Questo emerge chiaramente da una conversazione tra la madre e un presentatore borioso che spiega che anche se ciò che hanno fatto i poliziotti era sbagliato, la donna è pur sempre colpevole di aver sfidato i loro ordini.
La polarizzazione della Grecia sta diffondendosi nei media mainstream. I sostenitori della Giunta rimpiangono che sotto la dittatura “dormivano con le porte aperte” – altri scherzano sostenendo che “dormivano con le porte aperte perché non volevamo svegliarci per aprirle per i raid della polizia.”
In ogni caso, i tre spazi sgomberati che davano voce ai residenti di Koukaki, sostenitori della comunità anziché del profitto, sono ora sigillati con mattoni. È un puro caso che molti loro occupanti siano riusciti a fuggire; hanno tutti dimostrato notevole coraggio. Hanno pubblicato questa dichiarazione1.
Mentre molti animali che vivevano nei tre spazi occupati di Koukaki sono riusciti a scappare, non è chiaro come sia stato possibile che alcuni di quelli che abitavano a Matrouzou siano rimasti chiusi all’interno. La polizia li ha deliberatamente intrappolati dentro le case occupate per terrorizzare gli squatter; questo è stato fatto durante lo sgombero di Vancouver del 2 novembre. Tenendo in considerazione che gli occupanti di Matrouzou sono riusciti a fuggire, non sorprende che gli agenti abbiano trattenuto gli animali all’interno della struttura per farli morire di fame sperando così di far cadere i fuggitivi in trappola o, nel caso in cui non ci riuscissero, per torturarli.
Non dobbiamo dimenticare nemmeno che, prima di morire, anche Dimitris Armakolas, il compagno deceduto in un tragico incidente mentre stava appendendo uno striscione in solidarità del prigioniero Marios Seisidis, risiedeva nello squat di Koukaki.
Subito dopo lo sgombero, ha avuto luogo una piccola manifestazione di solidarietà. La polizia ha represso i dimostranti arrestandone cinque, per poi attaccare chi si era raccolto di fronte alle questure per sostenere i detenuti. Quella sera stessa, dopo un’assemblea indetta d’urgenza, a Monistraki - cuore dello shopping district ateniese e noto ritrovo di ricchi e agiati - si è tenuto un flash mob. Mentre i beneficiari del capitale sorseggiavano i loro cocktail, oltre 200 persone marciavano in modo dirompente nella zona distribuendo volantini, facendo graffiti su diverse vetrine e rompendo le vetrate di una banca, di un franchise alimentare e di uno Starbucks. La polizia non ha potuto eseguire alcun arresto ed è stata costretta a diramare un allarme.
Quest’azione mostra che il movimento non esiste solo nelle case occupate e in Exarchia ma che può sorgere e colpire ovunque.
Flash mob nello shopping district ateniese di Monistraki, 18 dicembre.
Colpire gli animali da compagnia: una nuova strategia del terrore di Stato
Come già detto, per la polizia colpire gli animali da compagnia degli squatter sta diventanto un’abitudine e questo merita un approfondimento.
Nella casa occupata di Vancouver, per esempio, cani e gatti erano tenuti separati per evitare che si azzuffassero. Cartelli sulle porte informavano del pericolo nel lasciare uscire alcuni animali dalle stanze in cui vivevano. Quando i poliziotti hanno attaccato Vancouver, hanno ammanettato e picchiato chi difendeva lo squat. Mentre era in manette, uno degli arrestati ha implorato gli agenti di tenere gli animali separati per la loro sicurezza; un poliziotto ha risposto colpendolo con una gomitata in faccia. Nonostante queste richieste - e in un momento in cui gli animali erano sottoposti a un forte stress - gli agenti hanno messo intenzionalmente due cani in un locale occupato da quattro gatti e hanno chiuso la porta. Come conseguenza, uno dei gatti è morto.
Il compagno più affezionato a questo gatto ha saputo della sua morte mentre era detenuto. Andando contro ogni logica, i poliziotti hanno dichiarato che il gatto era morto da due settimane, affermando inoltre che gli squatter stavano mentendo per poter rientrare a Vancouver e rioccuparlo. Tutto ciò ha spezzato il cuore del padrone del gatto, soprattutto tenendo conto del fatto che, di recente, avevano trascorso molto tempo insieme.
Dopo la morte della creatura, la Protezione Animali ha salvato i due cani; i poliziotti hanno gettato il cadavere del gatto in un cassonetto e hanno negato che i tre felini superstiti fossero all’interno della casa occupata sostenendo che nessun animale era rimasto nell’edificio. La ricerca dei gatti restanti è stata permessa solo quando un muratore incaricato di sigillare gli ingressi dell’edificio è stato attaccato da uno dei superstiti in modo talmente violento da dover essere trasportato in ospedale. Solo allora gli incaricati della Protezione Animali hanno ottenuto il permesso di entrare per un’ora e la loro perlustrazione ha portato al ritrovamento di uno solo dei tre superstiti. Lo squat di Vancouver è molto grande e i gatti sono molto bravi a nascondersi, soprattutto dai poliziotti che riconoscono come nemici mortali.
Alla fine, con ancora due gatti intrappolati nell’edificio, un animalista - inizialmente attaccato e minacciato dai poliziotti - ha intrapreso uno sciopero della fame all’esterno della casa occupata. Quando un P.M. ha emanato un’ordinanza per permettere una ricerca adeguata dei felini restanti, il Capo della Polizia non ha voluto procedere, sostenendo che non vi era il numero necessario di poliziotti per mettere la ricerca in sicurezza – lo stesso giorno in cui centinaia di poliziotti si sono riversati a Exarchia dopo un attacco perpetrato ai danni della moto di un agente della squadra Delta. Dopo una settimana di sciopero, e dopo le crescenti accuse di crudeltà verso gli animali, la polizia ha ceduto e ha permesso di iniziare la ricerca. Secondo i compagni di Vancouver, se non fosse stato per l’attenzione popolare scaturita da una campagna sui social media per salvare i gatti, il P.M. non avrebbe mai effettuato la richiesta. È fin troppo facile torturare e uccidere i più deboli per tormentare chi ha più “diritti.”
Poco dopo questo raid, nel corso di una serie d’incursioni contro il gruppo Revolutionary Self-Defense, i poliziotti - gli stessi che avevano guidato il raid a Vancouver - hanno fatto irruzione in una casa di Exarchia senza però trovare nulla per accusare i residenti. Pieni di frustrazione, se ne sono andati non prima, però, di aver attaccato un gatto che viveva lì, spezzandogli le zampe anteriori e spappolandogli la mascella. Quando è stato chiesto loro cosa stessero facendo, uno di loro ha risposto: “Farai anche tu lo sciopero della fame?” Durante un’altra irruzione nel corso della stessa serie di raid anti-terroristici, gli agenti hanno portato via i cani che vivevano lì, senza altro motivo apparente se non quello di ferire i loro compagni umani.
Spesso, negli Stati Uniti, i poliziotti uccidono gli animali, per esempio, sparando loro; forse, questa notizia potrà non sorprendere i più ma è importante documentare la brutale codardia di chi esegue questi sgomberi ed enfatizzare che la carta bianca data loro da Nuova Democrazia amplifica gli aspetti più sordidi e crudeli degli esseri umani.
Tutelare Alba Dorata
Nel frattempo, il Procuratore dello Stato ha proposto di far cadere le accuse di associazione per delinquere a carico del partito neonazista Alba Dorata nel caso dell’omicidio, avvenuto nel 2013, del rapper antifascista Pavlos Fyssas, aka Killah P; allo stesso tempo, ha accusato due persone per due presunti assalti perpetrati ai danni degli uffici di Alba Dorata. Tali attacchi si sono ripetuti spesso negli ultimi anni, di solito rivendicati anonimamente da comunicati firmati con i nomi delle vittime di Alba Dorata – per esempio, la brigata Pavlos Fyssas e quella Sahzat Luqman (Sahzat Luqman era un lavoratore pachistano ucciso dai membri di Alba Dorata). Secondo i media istituzionali, la polizia sostiene che vi sia un collegamento tra i sospettati e l’attacco dell’1 novembre contro l’ufficio sito nel centro di Atene, in Deligianni Street, e anche con quello del 23 maggio effettuato ad Acharnes, nella zona occidentale dell’Attica. In entrambi gli assalti sono stati utilizzati esplosivi artigianali che hanno danneggiato i locali senza però lasciare feriti.
Se le accuse non saranno ritrattate, è verosimile che il P.M. tenterà di applicare ai due arrestati le nuove misure antiterrorismo, con il probabile risultato che entrambi potrebbero ricevere pene più lunghe di quelle comminate agli assassini membri di Alba Dorata, per non parlare del fatto che tutti gli omicidi compiuti da Alba Dorata non sono mai stati indagati. Se Killah P. non fosse stato un cittadino greco e bianco, il suo caso non avrebbe mai fatto notizia – una tragica realtà non solo in Grecia ma in tutto il mondo.
Sorprendentemente, il giorno dell’udienza preliminare i due arrestati non sono stati messi sotto custodia cautelare. Nei casi di terrorismo, di solito, lo Stato trattiene gli accusati fino al giorno del processo. Molto probabilmente, come risultato di uno sforzo calcolato da parte del Governo di contenere i danni, sarà loro permesso di attendere il processo fuori dal carcere. Vista la diffusa indignazione nazionale e internazionale verso la brutalità della polizia greca e l’esito del caso Alba Dorata, il teatro della politica greca sembrerà rimanere in linea con le leggi della democrazia neoliberista. Nonostante le deboli prove, i due compagni devono presentarsi in questura quattro volte al mese, pagare 15.000 euro di cauzione e non possono andare all’estero fino all’inizio del processo. Se il loro caso dovesse procedere com’è accaduto con altri, il loro processo potrebbe essere rimandato per anni – utilizzando la burocrazia per punire chi è in attesa di giudizio.
Non è un caso che lo Stato stia facendo cadere le accuse di associazione per delinquere contro Alba Dorata applicando invece una politica di tolleranza zero ai suoi nemici. Durante le elezioni, i membri di Nuova Democrazia hanno cercato di prendere le distanze dal partito neonazista continuando però a sostenere chiaramente di essere alleati, anche se più ricchi e meglio educati, di questo gruppo smaccatamente fascista. All’uscita dall’aula, alla fine di un processo lungo e doloroso durato sei anni, la madre di Killah P. ha dichiarato: “Oggi avete pugnalato Pavlos.”
Ora Alba Dorata sta per essere risarcita con 8 milioni di euro. Questa è una cifra ingente per un partito politico in Grecia, una nazione in cui i partiti hanno diritto a finanziamenti statali. Tuttavia, quando il processo ebbe inizio sei anni fa, lo Stato li sospese. Non abbiamo dubbi che se Alba Dorata dovesse ottenere questa somma immediatamente, assisteremmo al tentativo di compensare gli insuccessi che si è trovata ad affrontare nelle elezioni del 2019; inoltre, questo potrebbe aumentare drammaticamente le risorse disponibili per incrementare la violenza fascista nelle strade.
In quanto anarchico, non mi aspetto mai giustizia dallo Stato. Non userò la mia voce limitata per chiedere che qualcuno sia imprigionato, nemmeno quando si parla di assassini fascisti. È però tuttavia necessario sottolineare che un gran numero di prove è stato portato nel caso contro Alba Dorata. Oltre a quelle che mostrano in modo palese le sue connessioni e le sue politiche naziste, gli investigatori hanno presentato alla Corte una vasta gamma d’intercettazioni telefoniche e messaggistiche, sia direttive atte a organizzare chiare azioni di violenza fascista. Tenendo in considerazione la rigida organizzazione gerarchica di Alba Dorata, è difficile pensare che azioni autonome potrebbero essere intraprese senza l’approvazione degli alti membri del partito. Nonostante ciò, i 65 imputati di associazione per delinquere sono stati assolti. Solo gli accusati di aver pugnalato Killah P saranno condannati, nonostante l’elevato numero di membri di Alba Dorata che dopo averlo braccato, minacciato e circondato l’hanno assassinato.
Graffiti su un monumento governativo di Atene, 6 dicembre 2019.
6 dicembre
Facciamo ora un passo indietro per capire cos’altro è accaduto questo mese.
Dal 20 novembre, quando il Governo aveva annunciato che avrebbe sgomberato tutte le case occupate, fino alla scadenza del 5 dicembre, ultimo giorno perché gli occupanti legalizzassero la loro situazione o se ne andassero, gli squat di tutta la Grecia hanno organizzato un evento al giorno e hanno coordinato manifestazioni in tutta la nazione per mostrare solidarietà e la forza del nostro movimento.
Il giorno della scadenza, compagni anonimi hanno rivendicato che se gli squat già esistenti fossero stati sgomberati sarebbero stati occupati 15 nuovi edifici in Atene. Inoltre, gli anarchici, emulando ciò era stato fatto a noi, hanno bloccato con dei mattoni un ufficio di Nuova Democrazia. Questa è solo una delle azioni più recenti effettuate in tutta la nazione contro gli uffici di questo partito.
Il 6 dicembre si sono svolte in tutta la Grecia manifestazioni in ricordo di Alexis Grigoropoulos, il quindicenne ucciso nel 2008 dalla polizia, e le conseguenti sommosse; gli anarchici greci osservano questa data da dieci anni. Ci sono stati scontri a Patrasso e Salonicco.
La mattina del 6 dicembre, una manifestazione autonoma di studenti anarchici si è trovata circondata da ogni lato dalla polizia ed è stata isolata dagli altri dimostranti di sinistra. Questo indica chiaramente quale movimento lo Stato veda come minaccia al suo potere. Quella notte, migliaia di anarchici hanno manifestato per commemorare l’anniversario dell’assassinio Alexis Grigoropoulos.
Alla fine della manifestazione, hanno avuto luogo piccole azioni dimostrative come, per esempio, la distruzione di cartelloni pubblicitari alle stazioni degli autobus, lanci di bombe di vernice su banche e uffici statali, e il tentativo di rimuovere le barricate nelle università per evitare che i campus fossero utilizzati per uso pubblico. Laddove queste azioni sono state sostanzialmente limitate, mentre i manifestanti avevano iniziato a tornare verso Exarchia, dove si trova il memoriale dedicato ad Alexis e senza alcuna provocazione o confronti diretti con gli sbirri, la polizia ha sferrato degli attacchi efferati, picchiando gente a caso. Alcune riprese video mostrano le violenze; lo Stato ha dovuto fingere di indagare sulla propria brutalità anche se sappiamo che questo non porterà a nulla. Una delle prove più importanti è contenuta in un filmato che mostra agenti di polizia picchiare un uomo disarmato che urla “Mi arrendo.” Anche se quella notte i poliziotti hanno pestato altre persone, questo video ha attirato l’attenzione dei più non solo per gli attacchi codardi compiuti dagli agenti ma anche perché, intenti a umiliarlo, lo hanno spogliato. Anche queste vessazioni, denunciate da molte persone sequestrate dalle squadre antisommossa nel centro di Atene, sono diventate tattiche poliziesche diffuse per umiliare gli arrestati e i detenuti. Questa pratica ricorda i rapimenti e le torture effettuate sotto la dittatura dei Colonnelli.
La sera del 6 dicembre un giornalista della stazione televisiva mainstream Kontra si è sentito in dovere di commentare dal vivo e in diretta la brutalità della polizia, reagendo alla violenza di cui era testimone filmando gli eventi con il suo cellulare. Il reporter ha dichiarato: “Le persone sono state picchiate senza aver fatto nulla” e che anche lui sarebbe stato picchiato se non fosse stato con una troupe professionale. Scioccando parecchie persone, ha aggiunto che “Mentre molti si riversano nelle strade, noi dobbiamo intonare il canto che ci unisce tutti: ‘sbirri, maiali, assassini.’”
In tutta la nazione decine di persone sono state arrestate con accuse ridicole. Un fattorino che stava consegnando del cibo nei pressi del luogo delle violenze è stato picchiato e arrestato; mentre stava fornendo i suoi dati, i poliziotti gli hanno chiesto perché stesse correndo. Tutti i detenuti sono stati rilasciati e sono ora in attesa di processo.
Contemporaneamente alla manifestazione di Atene, alcune persone stavano compiendo azioni clandestine al di fuori dei confini di Exarchia, in altri tredici quartieri della città. Dei comunicati hanno dichiarato che sono stati colpiti circa trenta bersagli governativi e capitilistici per dimostrare solidarietà allo spirito della giornata e per ergersi contro le nuove misure statali.
Al momento, il termine per chiedere la legalizzazione è scaduto. I rimanenti edifici e centri sociali occupati hanno dichiarato guerra aperta allo Stato. Ancora una volta la solidarietà e lo spirito del movimento anarchico greco si sono dimostrati troppo forti per essere vulnerabili di fronte a qualsiasi attacco materiale che il Governo potrebbe effettuare sull’infrastruttura anarchica.
Dall’ultimo aggiornamento si sono verificati numerosi contrattacchi; tra i bersagli ricordiamo le costose auto colpite nei quartieri più ricchi per ricordare a chi trae benefici dal dislocamento di anarchici e immigrati che nessuno è al sicuro. Il movimento sta subendo duri colpi, ma noi non ci perdiamo d’animo. Al contrario, sempre più persone si sono risvegliate cariche di passione.
Manifestazione ad Atene, 6 dicembre 2019.
Lo sgombero di Villa Kouvelos
Il 17 dicembre 2019, alle prime ore del mattino, la polizia ha sgomberato Villa Kouvelos sita in Marousi, noto per essere un insipido quartiere borghese nella zona nord di Atene.
L’edificio abbandonato e fatiscente era stato occupato degli anarchici nell’aprile 2010 e, in poco tempo, era stato ristrutturato e trasformato in un centro sociale rinomato in tutta la regione, che contribuiva a dare nuova linfa vitale al quartiere grazie a concerti, conferenze, dibattiti ed eventi politici; Kouvelos era importante per molti giovani perché rappresentava un luogo sicuro dove esplorare idee rivoluzionarie.
Sorgendo vicino a uno degli uffici di Alba Dorata, lo squat è stato spesso bersaglio di attacchi fascisti. Tuttavia, molti abitanti del quartiere apprezzavano Kouvelos perchè rappresentava uno spazio accogliente e sicuro, capace di offrire un’alternativa alla banalità di Marousi. Al momento, non sussistono motivi per portare a termine lo sgombero - non ci sono progetti per utilizzare l’edificio o per vendere il terreno. È probabile che lo sgombero sia diventato una priorità perchè lo Stato ha ritenuto che questa potesse essere un’operazione semplice da portare a termine a causa del luogo in cui si trova.
Quando, alle 7.30 del mattino, i poliziotti hanno iniziato le operazioni d’evacuazione, molti residenti si sono raccolti all’esterno per manifestare il loro dissenso e per mostrare solidarietà agli squatter. Più tardi quello stesso giorno, una dimostrazione di oltre 300 persone ha avuto luogo a Marousi, lasciandosi alle spalle banche distrutte e graffiti. Il weekend dopo lo sgombero, una manifestazione spontanea di oltre 300 anarchici è confluita a Marousi per rientrare a Kouvelos. I dimostranti hanno fatto valere la resilienza del nostro movimento, appendendo uno striscione e riappropriandosi dello squat per un po’ di tempo, durante il quale hanno rilevato i danni compiuti dall’EKAM (la SWAT greca), hanno documentato le indagini che la polizia stava svolgendo (come la raccolta di DNA), e hanno annotato ciò che doveva essere fatto per rioccupare completamente lo squat nel futuro prossimo.
Usciti dall’edificio, i manifestanti si sono riversati nelle strade, attaccando alcuni franchise locali e la stazione della metropolitana di Marousi, dove i tornelli di vetro sono stati rotti. Pur non essendo intenzionati a combattere contro gli agenti, i manifestanti sono stati da questi caricati e hanno dovuto difendersi dai gas lacrimogeni e dai loro attacchi. Durante la dimostrazione, qualcuno ha notato un poliziotto sotto copertura scattare foto e fare riprese dei presenti; uno di questi lo ha colpito dopo averlo affrontato.
In tutta risposta, i media locali hanno mostrato la loro vera faccia. A causa della presunta età avanzata del poliziotto sotto copertura, i media hanno sostenuto che gli anarchici avevano attaccato senza motivo un uomo anziano che indossava un apparecchio acustico. Ben presto è diventato chiaro che la protesi era in realtà un dispositivo per comunicare con altri agenti e che il presunto anziano era in realtà un poliziotto in servizio. Tuttavia, la stampa ha trasformato questa menzogna in notizia da prima serata, concentrandosi esclusivamente sul filmato, continuando a mostrare l’attacco ai danni dell’agente ed evitando deliberatamente di ricordare agli spettatori il motivo per cui era iniziata la manifestazione.
Ancora, un’azione così forte avvenuta in un quartiere come Marousi evidenzia la resilienza del nostro movimento. Chi resiste per Kouvelos sottolinea che l’edificio sarà rioccupato, sostenendo che lo spirito rivoluzionaro avrà il sopravvento su qualsiasi campagna repressiva.
Nessuna gentrificazione per Natale
In vista del Natale, il Governo ha colpito anche Piazza Exarchia con sforzi al limite del surreale per cercare di “normalizzare” la zona. La polizia ha fatto irruzione nella piazza per irrigare i marciapiedi e collocare un albero di Natale. Il primo giorno l’albero è stato dato alle fiamme due volte. La polizia ha fatto la stessa cosa il giorno dopo e l’albero è stato bruciato ancora. Questi sforzi altamente simbolici per “ripulire” l’area indicano il modo in cui lo Stato spera di usare Exarchia per inviare un messaggio alla sua base. Come se non bastasse, il Sindaco di Atene sta decidendo se organizzare eventi governativi nella piazza. Se ciò dovesse accadere, i festeggiamenti avrebbero luogo solo protetti da un cordone di polizia; in realtà, ciò che si vuole ottenere è provocare i difensori di Exarchia e inviare un messaggio a chi non la frequenta che il Governo se ne è riappropriato. L’incendio dell’albero di Natale ricorda il famoso evento dell’insurrezione del 2008 quando i manifestanti bruciarono l’iconico albero di Natale di fronte al parlamento Greco per esprimere la volontà di continuare a lottare, anche se parecchi greci stavano tornando nei loro villaggi per le festività.
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I progressi tecnologici per la repressione
Il governo greco sta anche continuando a modernizzare i suoi metodi di sorveglianza. Mentre è sempre stato sincero per quanto riguarda la sua capacità di monitorare SMS e conversazioni telefoniche, sta cercando ora di progredire in ambito digitale, parlando chiaramente del suo impegno per ottenere una consulenza dall’UK allo scopo di indagare sugli utenti di Viber e WhatsApp. Questo desiderio di collaborare con agenzie di spionagggio tecnologico è la conseguenza dell’accorpamento formale di tecnologia drone nelle azioni di sorveglianza greche.
Ulteriori attacchi ai rifugiati
Nel frattempo, Nuova Democrazia sta accellerando i tempi per mantenere la sua promessa di trasferire 20.000 rifugiati da isole come Lesbo sulla Grecia continentale allo scopo di nascondere ai più la loro esistenza. Oltre 50.000 profughi rimangono in campi siti su varie isole egee nelle acque turche, in condizioni così terribili che le ONG e i gruppi per i diritti umani si sono pubblicamente rivolti allo Stato affinchè faccia qualcosa. I fascisti locali attaccano frequentemente questi campi dove, con l’arrivo di altri migranti, il numero di persone sta aumentando costantemente. Nonostante questo, a novembre, il Governo ha emanato nuove leggi per limitare e scoraggiare le richieste di asilo allo scopo di riuscire a far rientrare i rifugiati nella categoria di “migranti” per abbassare gli standard di protezione cui hanno diritto. Nuove misure per rallentare la già lunghissima procedura per i richiedenti asilo sono entrate in vigore per scoraggiarli dal seguire le procedure corrette come modo per abbassare il tasso di riconoscimento dei richiedenti asilo.
Oltre a tutte queste misure, nuovi tagli entreranno in vigore nel 2020, tagli che lasceranno i rifugiati privi dei percorsi assistenziali che li hanno aiutati a sopravvivere; toccherà loro cavarsela durante il percorso per il riconoscimento del loro status. I programmi assistenziali attualmente esistenti sembrano non essere mai abbastanza; in molti casi, ci si aspetta che un rifugiato in attesa di asilo possa sopravvivere con 150 euro al mese, pur non potendo cercare un lavoro legale. Ora si troveranno a dover affrontare sfide ancora più dure.
Sembra che lo scopo di queste misure sia di dissuadere profughi e migranti dal venire in Grecia e di torturare chi abita già qui, dopo aver affrontato un viaggio coraggioso attraverso il Mar Egeo. Se le persone sono spinte a lavorare illegalmente, o sono costrette a rubare per mangiare, o se devono andare all’estero nella speranza di avere una vita migliore, tutti questi sono motivi che possono essere utilizzati per respingere le loro domande ed espellerli.
Questo mese, il terribile sovraffollamento e il degrado istituzionale hanno scatenato un’imponente rivolta sull’isola di Samos, vicino alla Turchia. Secondo No Borders, un campo profughi su quest’isola originariamente progettato per 650 persone ne ospita attualmente 8000; ciò significa approssimativamente un WC ogni 300 persone e una doccia ogni 500. Campi come questo si trovano anche su altre isole vicine alla Turchia. Questo mese, i residenti del campo si sono coalizzati per dar vita a una sommossa contro la polizia. Affrontando i gas lacrimogeni e le brutalità perpetrate dalle forze antisommossa locali, sono riusciti a dimostrare la loro umanità nonostante la terribile situazione e il rigido inverno. Questa rivolta ne segue un’altra sfociata a ottobre, quando un incendio devastante ha reso necessaria l’evacuazione del campo sovraffolato. Entrambi i tumulti hanno provocato la chiusura delle scuole e di altre istituzioni presenti sull’isola. Disordini e resistenza in questi campi stanno proseguendo; essi spiegano alcuni dei motivi per cui il nuovo governo preferisce tenerli nascosti anzichè essere costretto a soddisfare le richieste dei migranti.
Un giro per il campo di Samos realizzato da Euronews.
Copertura istituzionale della rivolta del dicembre 2019 a Samos.
Conclusioni
Con l’arrivo delle vacanze natalizie, desideriamo rammentare lo sciopero della fame di Kostas Sakkas, anarchico greco e prigioniero politico accusato di appartenere a un gruppo terroristico e di porto abusivo d’armi dopo il suo arresto in un magazzino. È accusato di aver preso parte alla Conspiracy of Cells of Fire, anche se sia lui sia la CCF lo negano. Durante la sua detenzione ha portato avanti numerosi scioperi della fame diventati così frequenti sotto la precedente ammistrazione da far sì che questa prendesse in considerazione l’ipotesi di scarcerarlo rivolgendosi allo stesso disegno di legge che aveva portato al rilascio del prigioniero anarchico Nikos Romanos. Nuova Democrazia ha congedato la sua lotta suggerendo che “la legge non dovrebbe mai essere applicata a terroristi anarchici” avvalendosi però di quella stessa legge, non appena salita al potere, per rilasciare l’assassino di Alexis Grigoropoulos.
Molti scioperi della fame di Sakkas avevano lo scopo di ottenere la possibilità di lavorare o di accedere all’educazione. La missione dell’ultimo era costringere il Governo a trasferirlo dalla prigione di Nigrita, nel nord della Grecia, a quella ateniese di Korydallos per essere più vicino alla sua famiglia. Dopo essere entrato in shock ipoglicemico e aver affrontato altri gravi problemi di salute, ha vinto e sarà trasferito a Korydallos. Il suo coraggio dovrebbe essere fonte d’ispirazione per noi tutti.
Possano i nomi dei compagni caduti, come Alexis Grigoropoulos, e quelli di chi combatte da dietro le sbarre, come Kostas Sakkas, riecheggiare in tutto il mondo in questo freddo periodo dell’anno. Possano le nostre lotte dimostrare che il nostro amore per la libertà è più forte di qualsiasi prigione, e che questo sia d’ispirazione ad altri per far sì che le loro lotte diventino un tuttuno con le nostre.
Fonti per aggiornamenti dalla Grecia
In inglese
- Act for Freedom
- Exiled Arizona
- Altra copertura in inglese di alcuni eventi descritti in questo pezzo possono essere trovati qui..
twitter.com/exiledarizona/status/1209066332953731079
Il famoso incendio dell’albero di Natale di fronte al Parlamento greco nel 2008.
In greco
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Quella che segue è una dichiarazione online di Matrouzou 45 dedicata alla fuga e alla difesa, intitolata dalla “Comunità degli occupanti di Koukaki.” Questa dichiarazione è stata rilasciata dai compagni che hanno difeso Matrouzou 45 e che sono riusciti a fuggire dagli atti repressivi di MAT, OPKE ed EKAM. Mentre stavamo affrontando un’irruzione della polizia, siamo stati informati del destino toccato ad altri edifici della nostra comunità squat. Abbiamo immediatamente fortificato la casa e abbiamo iniziato una battaglia con le forze della repressione. Mobili, elettrodomestici, caldaie, vernice, estintori; sulla loro testa è stato gettato di tutto e di più. Loro hanno risposto sparandoci e ferendoci con proiettili di gomma e gettando nella nostra casa granate assordanti. Noi abbiamo urlato “Noi viviamo qui, questa è casa nostra e noi moriremo qui!” - ”Fanculo alla vostra espansione e ad Airbnb.” Quando, alla fine, sono riusciti a entrare, fattori completamente casuali e l’istinto di sopravvivenza ci hanno permesso di scappare. I ricordi che ci spingono ad andare avanti sono stati risvegliati come fonte d’ispirazione dalle forze repressive. Questi mercenari non hanno potuto accettare che chi ha opposto loro resistenza sia riuscito a fuggire. Possiamo presumere che siano tristi per non essere riusciti a prenderci per picchiarci e torturarci. In risposta a questo evento imbarazzante, hanno iniziato ad accusare gente a caso di aver organizzato la nostra fuga. Come dei veri mercenari, gli sbirri hanno colpito la prima casa che si sono trovati davanti, compiendo un’incursione armata, picchiando e sequestrando una famiglia al completo, e arrestandone il padre ed entrambi i figli. Questo governo che sostiene di proteggere la famiglia greca istituzionale e la santità della proprietà privata ha perso di vista il suo bersaglio. Non avendo catturato i resistenti, i poliziotti hanno iniziato a picchiare gente a caso. Esprimiamo tutto il nostro rispetto alla donna e alla sua famiglia che si sono rifiutati di far entrare gli sbirri abusivamente, pagando a caro prezzo le loro scelte. Mandiamo tutto il nostro amore ai nostri compagni e compagne e a tutte quelle persone che ci sostengono. Solidarietà a chi è stato arrestato durante l’occupazione della nostra comunità. Noi potremo anche aver perso ogni nostro avere e potremo trovarci senza abiti e senza un tetto, loro potranno anche aver temporanemante cancellato dalle mappe tre case e tre anni di costante e accurato lavoro per la solidarietà sociale e la resistenza; ma noi sappiamo che loro hanno paura, il nostro impeto e il nostro potere sono travolgenti. Solidarietà all’occupazione di Villa Kouvelos e a tutti gli spazi occupati. Trasformiamo gli sgomberi nella ragione per lottare su ogni fronte sociale. ↩