Nato il 9 Dicembre 1842 all’interno di una famiglia aristocratica della Russia Zarista,1 Pëtr Kropotkin ha sviluppato le sue idee radicali nel corso della sua ricerca scientifica. Nel 1874, poche ore dopo aver presentato alla Geographical Society un rapporto sulle formazioni glaciali molto apprezzato, fu arrestato e accusato di attività sovversiva. Il racconto che segue, proveniente dalle sue memorie e da altri documenti storici, descrive la sua evasione, due anni dopo, da una prigione di San Pietroburgo.
Questo è un adattamento della storia dell’anarchismo di prossima uscita; si possono leggere altri estratti qui. L’illustrazione sopra è di Julian Watson da Kropotkin Escapes, un’edizione quasi dimenticata del racconto di Kropotkin della sua fuga, attualmente ristampato da Detritus Books. Per saperne di più sull’anarchismo, inizia da qui.
L’anno 1876 arriva col respiro dell’inverno. Due anni nelle prigioni zariste hanno messo a dura prova Pëtr Kropotkin. Nonostante sia ancora sulla trentina, ha sofferto di scorbuto, malnutrizione, reumatismi e di tutta una serie di malattie debilitanti. Il fratello di Kropotkin è stato mandato in esilio in Siberia; molti dei suoi compagni prigionieri sono morti o impazziti, e anche lui si sta avvicinando alla fine. Temendo che anch’egli morisse prima dell’inizio del processo, le autorità decidono di trasferirlo in un ospedale carcerario.
Qui, con l’aria fresca e una finestra che fa entrare la luce del sole,inizia immediatamente a riprendersi—anche troppo rapidamente, teme. Si impegna molto nel recitare la parte dell’invalido per non essere nuovamente trasferito.
Un pomeriggio, una guardia gli sussurra queste parole magiche: “Chiedi di poter uscire per una passeggiata.”
Il cortile è lungo trecento passi, e dall’altro lato si trova un cancello—un cancello aperto. Oltre alla guardiola delle sentinelle, Kropotkin può vedere la gente e i veicoli passare sulla strada.
Gli è concesso di camminare avanti e indietro perpendicolarmente al cortile. Una guardia lo accompagna, a cinque passi di distanza, sempre tra lui e il cancello. Tuttavia, siccome non c’è nulla di più stancante per un giovane uomo in salute che muoversi a passo di lumaca, la sentinella spesso lo precede di qualche passo. Con l’occhio di un matematico, Kropotkin intuisce che trovandosi in una situazione simile, sarà più probabile che la guardia corra verso di lui piuttosto che in avanti per bloccargli la strada; quindi, mentre lui si muoverà in linea retta, l’inseguitore dovrà descrivere un arco, rendendo così possibile rimanere in vantaggio.
Ritornato in cella, riesce a malapena a calmarsi per far recapitare un messaggio ai suoi compagni:
“La vicinanza della libertà mi fa tremare come se avessi la febbre. Oggi mi hanno portato fuori in cortile; il cancello era aperto e vicino non c’era nessuna guardia…”
Un’illustrazione dello stesso Pëtr Kropotkin, che lo raffigura alla finestra della prigione.
L’abito di flanella non va bene: arriva a terra ed egli è costretto a tenerne la parte inferiore sul braccio come le donne di corte portano i loro strascichi. Ma i suoi carcerieri non permettono di indossare altri indumenti.
Tra un passaggio e l’altro delle guardie, si esercita a fare due movimenti rapidi. La guardia oltrepassa la porta, guardando se Kropotkin fosse sdraiato a letto; un attimo dopo, Kropotkin si alza, sfilandosi l’abito dalla testa e gettandolo via; un altro istante, ed è di nuovo a letto, indossando l’abito, pronto per il prossimo passaggio della guardia.
Arriva il 29 Giugno 1876. Il segnale è un palloncino rosso che si libra in cielo. Kropotkin si toglie il cappello per far vedere che è pronto; sente il rombo di una carrozza e si guarda intorno, il cuore che batte all’impazzata—ma non c’è nulla, in cielo non c’è niente. Alla fine, il tempo è scaduto e viene riportato in cella. Convinto che i suoi compagni siano stati catturati, pensa cupamente che saprà cosa è successo direttamente da loro una volta trasferito alla fortezza per morire laggiù.
In realtà, quella mattina i suoi compagni non erano riusciti a comprare nemmeno un palloncino rosso in tutti i mercati di San Pietroburgo. Alla fine, riuscirono a farsi dare da un bambino il suo, ma era vecchio e non era più in grado di volare. Disperati, comprarono una palla rossa di gomma e tentarono di gonfiarla con l’idrogeno; ma quando la lasciarono, salì solo pochi metri, si fermò appena sopra il muro del cortile e poi ritornò a terra. Infine la legarono alla punta dell’ombrello di una donna, che camminò avanti e indietro, tenendo l’ombrello più in alto possibile—ma non era abbastanza.
A quanto pare, fu una vera fortuna. Una volta terminata la passeggiata di Kropotkin, la carrozza imboccò la strada che sarebbe stata usata per la fuga ma venne bloccata da una fila di carrelli.
Un’altra illustrazione di Julian Watson da Kropotkin Escapes, attualmente ristampato da Detritus Books.
“Un regalo da un’ammiratrice.” La guardia gli passa attraverso le sbarre un piccolo orologio. Kropotkin va alla finestra per guardare la donna che si allontana senza fretta lungo il viale. Se lei è chi pensa, sta rischiando la sua vita avvicinandosi a quelle mura.
Esamina l’orologio. Dapprima, sembra insignificante; ma aprendolo, vede un piccolo pezzo di carta premuto contro. Le sue mani tremano nuovamente decifrando il codice.
Due ore dopo, Kropotkin esce per fare una passeggiata—forse l’ultima prima di essere trasferito. Ancora, sente una carrozza sul viale; ancora, si toglie il cappello. Al segnale, si sente un violino che suona in lontananza una melodia allegra. Il suo cuore batte veloce mentre percorre lentamente il cortile. Dà un’occhiata alla guardia, notando la sua corporatura possente e la baionetta che scintilla sulla punta del fucile—e oltre, attraverso il cortile, il cancello aperto.
Alla fine del cortile, si gira; come al solito, la guardia si è allontanata di qualche passo. È giunto il momento. Si raddrizza e afferra l’abito per toglierselo—ma il violino si ferma! Finge un colpo di tosse e lancia uno sguardo furtivo alla sentinella, che non è delle più sveglie.
Passa un quarto d’ora. Il tempo scorre. Infine, una fila di carrelli entra attraverso il cancello, e vengono parcheggiati uno per uno all’altra estremità del cortile.
Il violinista riprende immediatamente a suonare una mazurka selvaggia. Kropotkin arriva nuovamente alla fine del cortile, temendo che la musica cessi ancora una volta. Quando si gira, vede che la guardia è diversi passi più indietro: sta guardando da un’altra parte, osservando i contadini che scaricano i carrelli. Questa è un’occasione unica.
Una mazurka di Antoni Kątski [Anton de Kontski]. “Il violinista,—davvero bravo, devo ammetterlo,—iniziò subito a suonare un’entusiasmante mazurka di Kontski, come a dire, “Forza, — è il tuo momento!” -Peter Kropotkin, Memoirs of a Revolutionary.
In un lampo, l’abito è a terra e lui sta correndo. Inizialmente risparmia le sue forze, essendo passati anni da quando era in grado di correre—ma poi i contadini lasciano cadere i loro pacchi e li lanciano dietro di lui, gridando per attirare l’attenzione della guardia, che si lancia all’inseguimento. Corre come se fosse posseduto.
Sente i passi della guardia dietro di lui, le maledizioni e il respiro pesante come il polso che martella nelle orecchie. Il soldato sta agitando la baionetta, quasi sfiorando la pelle di Kropotkin; se non fosse stato così vicino, avrebbe sicuramente abbattuto il fuggitivo con un proiettile. Eppure in qualche modo egli riesce a stare un passo davanti a lui, e i due attraversano il cortile in questo modo.
Un’altra sentinella è appostata al cancello dell’ospedale, direttamente di fronte alla carrozza che lo sta attendendo. Kropotkin e i suoi inseguitori si stanno dirigendo verso di lui, ma è impegnato in una furiosa discussione con un contadino apparentemente ubriaco su un certo parassita del corpo umano:
“E lo sapevi che brutta coda ha?”
“Cosa, che coda?” lo deride il soldato. “Ne ho abbastanza delle tue storie!”
“Sì, una coda! Al microscopio, è davvero grossa!” Distende le braccia mentre Kropotkin, la guardia e i contadini arrivano furiosamente al cancello come in una processione di folli.
Illustrazione di Kropoktin della sua fuga dall’ospedale carcerario.
Davanti a sé, Kropotkin vede la carrozza, solo un salto e lo porterà via; ma il cocchiere non è rivolto verso di lui. Kropotkin grida quasi il nome del suo compagno, poi si riprende e batte le mani. Il cocchiere lo guarda e incita il cavallo, gridando: “Entra, veloce, veloce!” Il piede di Kropotkin è sul predellino. Il suo compagno agita in aria una pistola: “Vai, vai! Vi ucciderò, bastardi!”
“Fermateli! Prendeteli!” Ma il cavallo sta già galoppando lungo il viale. L’amico di Kropotkin gli mette in mano un cappotto elegante e un cappello. Prendono la prima curva così bruscamente che la carrozza quasi si rovescia, ma i due uomini si gettano verso l’interno, a compensare. Si scambiano uno sguardo increduli.
Dietro di loro, al cancello la prigione è in tumulto. L’ufficiale carcerario si è precipitato fuori alla testa di un distaccamento, ma non riesce a riprenderne la testa per impartire gli ordini. “Prendetelo! Inseguitelo! Maledizione, imbecilli, sono rovinato!” Compare un uomo con un violino, chiede a tutti cosa è successo, chi è fuggito, dove è andato e cosa pensano di fare. Si mette a esprimere a lungo la propria simpatia all’ufficiale agitato. Una vecchia contadina tra la folla fa la Cassandra: “Di sicuro imboccheranno direttamente Nevsky Prospekt. Se prendete i cavalli, li raggiungerete facilmente. “ Nessuno le presta attenzione.
Kropotkin e il compagno galopparono fino in fondo a Nevsky, fermandosi infine a casa di Kornílov. Sua cognata li aspettava lì con Aleksandra Kornílova; provvederono a radere la lunga barba del fuggitivo e gli fornirono un cambio di abiti. Quindi Kropotkin e il suo compagno presero una carrozza per andare verso il Golfo di Finlandia, dove guardarono il sole tramontare nel cielo aperto verso l’isola di Kronstadt.
Nel frattempo, la polizia faceva irruzione nelle case di tutta San Pietroburgo nel disperato tentativo di riacciuffare il fuggitivo. Deve trovare un posto in cui nascondersi fino a quando non sarà abbastanza tardi per andare in un luogo sicuro. “Che ne dici di Donon?” suggerisce il suo compagno, nominando il ristorante più alla moda della città. “Nessuno penserà di cercarti lì!”
Si intrufolano in una vivace sala affollata dall’alta società e prendono la stanza riservata alle feste private. I compagni di Kropotkin si presentano uno alla volta, storditi e affamati. È l’ultima volta che staranno tutti insieme.
Gli amici passano una serata meravigliosa mangiando e bevendo, raccontandosi vecchie storie e svenendo dalle risate. “Che, una coda?”
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Secondo l’antico Calendario Giuliano usato in Russia al momento della nascita di Kropotkin, si può stimarne questa data il 27 Novembre. La Russia non ha allineato il proprio calendario a quello in vigore in Europa Occidentale fino alla Rivoluzione Russa. ↩